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pensando che avrei potuto indicare la posizione della mia isola, però io non ne avevo
mai vista una, e non capivo che cosa si aspettassero che facessi. Alla fine mi misero
in un centro di accoglienza in attesa di decidere che cosa fare di me. A quel punto mi
resi conto che se davvero volevo conoscere altre persone, dovevo essere in grado di
comunicare con loro. Da quel momento dedicai tutte le mie energie all'apprendimento
della vostra lingua. Dopo un po' masticavo l'inglese a sufficienza per spiegare ai
funzionari che cosa fosse successo. Diventammo amici, ed ebbi modo di imparare
molto sulla loro cultura. Poi mi venne data la possibilità di richiedere un permesso di
soggiorno, ottenni un lavoro, e imparai a parlare correntemente. Un po' per volta
iniziai a mettere da parte del denaro, e sostanzialmente si può dire che mi ero
integrato nella società.»
«Allora perché non sei rimasto là?»
«Perché non sono mai riuscito a capire il vostro mondo. Voi avete sviluppato
alcune meravigliose tecnologie per rendere la vita più facile e sicura, e questo
dovrebbe darvi più tempo per godere dei veri tesori della vita. Ma invece di gustare il
tempo libero che vi siete faticosamente guadagnati, voi continuate a lavorare, sempre
di corsa, sempre a saltare su e giù da treni e autobus, se non passate il tempo a
guadagnare denaro lo considerate uno spreco. Perché costruite edifici così alti e vicini
che si riesce a malapena a vedere un pezzetto di cielo tra uno e l'altro? Perché definite
prendersi un momento di pausa mangiare del cibo-spazzatura e fumare? Perché
tutto questo?»
«Non è facile spiegartelo, Timu, ma ci proverò», dissi. «Capisci, noi dobbiamo
fare dei sacrifici per avere le cose di cui abbiamo bisogno...»
«Bisogno per cosa?» mi interruppe Timu.
«Per avere un livello di vita migliore...»
«Migliore rispetto a cosa?» domandò Timu. «Ti riferisci a comprare una casa
più grande, o una macchina più potente, beni che ti fanno apparire come una persona
di successo? Sono questi i valori su cui si basa la vostra vita?»
Gail mi fissò, e capii che cosa stesse pensando. Inaspettatamente, in me era
scattato un automatismo che mi aveva fatto dire cose in cui non credevo, cercando di
difendere una mentalità alla quale io stesso mi ero ribellato, accettando come giusta e
motivata una vita che mi aveva privato dei miei sogni per tanto tempo, portando quasi
alla rovina il mio matrimonio. A un tratto mi sentii imbarazzato, per me stesso e per
Gail.
Timu volse lo sguardo al suo villaggio. «Guardali», mi disse. «Quelli sono i miei
tesori più preziosi. La nostra vita è semplice, ma vera e intensa. Invece di essere
sempre in conflitto, in competizione uno con l'altro, noi conviviamo in armonia, e
affrontiamo insieme qualunque problema possa sorgere. I bambini dei nostri vicini
sono trattati come i nostri.»
Bloccò un bambino che stava correndo verso alcuni gatti e, prendendolo in
braccio, gli disse qualcosa nella loro lingua. Il piccolo rispose brevemente. Poi Timu
disse qualcos'altro e il bimbo proruppe nella più gioiosa e spontanea delle risate. Se
un giorno avrò dei figli, pensai, spero di sentirli ridere allo stesso modo.
«Che cosa gli hai detto?» domandò Gail.
Timu rimise a terra il bambino, il quale immediatamente scappò per raggiungere
i suoi compagni di gioco.
«Gli ho detto che siete dei buoni amici venuti da molto lontano a farci visita. E
che avete viaggiato fin qui attraverso l'oceano apposta per vederlo giocare.»
Un uomo del villaggio ci raggiunse e scambiò qualche parola con Timu.
«Dice che è tutto pronto e che il capo vi sta aspettando», ci riferì Timu. «Venite
con me.»
Ci avviammo verso il centro del villaggio. Tutti erano già radunati nel grande
spiazzo, seduti in circolo, con un vecchio al centro. Doveva essere il capo,
immaginai.
Timu ci invitò a sederci di fronte al vecchio, poi, restandoci accanto, parlò con
lui. Quando ebbero finito si rivolse a noi: «Il nostro capo Tamuni è molto felice di
avervi suoi ospiti, ed è per questo che siamo riuniti qui con voi. Il capo Tamuni
vorrebbe sapere qualcosa di più del mondo dal quale venite. Gli ho raccontato delle
mie esperienze, e questo ha contribuito ad arricchire la sua saggezza. Ora vorrebbe
sapere come mai siete qui, così lontano dal vostro mondo.»
Mi consultai con Gail con uno sguardo. «Rispondi tu», mi incoraggiò.
Mi accomodai sulle foglie di cocco che avevano preparato per noi, e stavolta
riflettei prima di parlare.
«Capo Tamuni, non è semplice rispondere alla tua domanda, ma cercherò di
spiegarmi meglio che posso. Abbiamo deciso di metterci in viaggio attraverso
l'oceano perché eravamo stanchi della vita che facevamo in città. Avevamo
l'impressione che la vita ci stesse passando accanto senza che riuscissimo ad
afferrarla e farne ciò che realmente avremmo voluto. Sentivamo di dover dare uno
scopo, un significato alla nostra esistenza per tornare a sentirci vivi. Così ci siamo
imbarcati in questo viaggio, e casualmente siamo approdati qui.»
Timu tradusse le mie parole al capo e al suo popolo. Tra gli indigeni corse un
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